Il tema della mediazione immobiliare e, più nello specifico, del diritto del mediatore alla provvigione è stato oggetto di numerose pronunce giurisprudenziali finalizzate per lo più a dare contenuto concreto alla previsione dell’art. 1755 c.c. secondo cui: “il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti se l’affare è concluso per effetto del suo intervento”.
Benché ad una prima lettura la norma appaia chiara, in realtà le questioni attinenti al diritto alla provvigione del mediatore e al suo ammontare continuano da anni ad alimentare il contenzioso.
La ragione di ciò è probabilmente da attribuirsi al fatto che, ai fini della configurabilità del rapporto di mediazione, non è necessaria l’esistenza di un preventivo conferimento di incarico per la ricerca di un acquirente o di un venditore, ma è sufficiente che la parte abbia accettato l’attività del mediatore avvantaggiandosene.
Il rapporto di mediazione, infatti, non richiede necessariamente un preventivo accordo delle parti sulla persona del mediatore per cui, ove il rapporto di mediazione sia sorto per incarico di una delle stesse, ma abbia avuto poi l’acquiescenza dell’altra, quest’ultima resta del pari vincolata verso il mediatore al pagamento della provvigione.
Chiamata quindi ad esprimersi sul tema, nel tempo la giurisprudenza ha “delimitato” il sorgere del diritto alla provvigione tracciando attorno allo stesso un perimetro sempre più definito.
E’ stato quindi elaborato il principio di diritto secondo cui: “il diritto alla provvigione sorge tutte le volte in cui la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’attività intermediatrice, che sussiste quando il mediatore abbia messo in relazione le parti, sì da realizzare l’antecedente indispensabile per pervenire alla conclusione del contratto, secondo i principi della causalità adeguata (Cass. civ. sez. II, 08/04/2022, n.11443).
Nel contesto di quello che potremmo definire il percorso di delimitazione dei confini della mediazione, si inserisce anche la recentissima sentenza n. 2385 del 26/01/2023 con cui la Suprema Corte, andando a dettagliare ulteriormente il suddetto perimetro, chiarisce quali siano i presupposti in base ai quali l’affare possa dirsi concluso e, conseguentemente, quale sia il valore sul quale calcolare l’entità della provvigione.
Nel caso in esame, la società acquirente ricorreva in cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia che, in riforma della sentenza di primo grado, l’aveva condannata a pagare all’agenzia immobiliare 102.600,00 Euro, a titolo di provvigione per la mediazione nella compravendita di un bene immobile anziché la minor somma di 21.000,00 Euro come statuito in primo grado dal Tribunale di Vicenza.
La parte tenuta al pagamento della provvigione lamentava il fatto che la Corte d’Appello avesse determinato il valore dell’affare sulla base non già del prezzo fissato nel contratto preliminare o nel contratto definitivo, bensì sulla base del prezzo indicato nella proposta d’acquisto e, su questa base fosse stato calcolato il 3% del valore dell’affare a titolo di provvigione spettante all’agente.
In tal caso, la Corte di Cassazione ha riconfermato il principio di diritto secondo cui: “al fine di riconoscere al mediatore il diritto alla provvigione, l’affare deve ritenersi concluso quando tra le parti poste in relazione dal mediatore medesimo si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per la esecuzione specifica del negozio, nelle forme di cui all’art. 2932 c.c., ovvero per il risarcimento del danno derivante dal mancato conseguimento del risultato utile del negozio programmato. E’ invece da escludere il diritto alla provvigione qualora tra le parti si sia costituito soltanto un vincolo idoneo a dare impulso alle successive articolazioni del procedimento di conclusione dell’affare, come è accaduto nel caso di specie con la sottoscrizione della proposta d’acquisto.
I principi sopra richiamati portano quindi a concludere che affinché sorga il diritto alla provvigione è necessario che la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’attività del mediatore e l’affare abbia dato origine a un vincolo giuridico che abiliti ciascuna parte ad agire per l’esecuzione specifica del negozio.
Avv. Vanessa Mantovani