Il general contractor è una figura atipica di origine anglosassone che ha fatto il suo ingresso anche nell’ordinamento italiano attraverso la normativa riguardante gli appalti pubblici per la realizzazione di infrastrutture; trattandosi di opere particolarmente complesse, infatti, l’ente pubblico ha necessità di avere un unico interlocutore in grado di controllare e gestire gli aspetti organizzativi, tecnico-realizzativi e finanziari dell’opera.

Negli ultimi due anni, in concomitanza con l’introduzione della normativa che regola il c.d. super bonus, il termine general contractor è stato sempre più spesso utilizzato (talvolta a sproposito) anche nell’ambito degli appalti privati.

La tematica dei bonus edilizi – e in particolare quella del bonus 110% – è notoriamente complessa in quanto coinvolge profili tecnici, giuridici, fiscali nonché organizzativi, implicando il necessario coordinamento di diversi soggetti.

In tale contesto, pertanto, la figura del general contractor si pone come quella di coordinatore di diverse figure professionali (tra cui: imprese appaltatrici, tecnici a cui competono le asseverazioni, professionisti che rilasciano i visti di conformità per la cessione del credito e lo sconto in fattura ecc.), differenziandosi dall’appaltatore in quanto assume l’incarico di svolgere anche attività accessorie rispetto a quelle relative all’esecuzione dell’opera.

In molti casi, attraverso l’attività svolta dal general contractor, il privato ha il vantaggio di stipulare un unico contratto attraverso il quale viene previsto un compenso complessivo, comprensivo sia della realizzazione delle opere edili che dell’attività di tutte le figure professionali la cui opera è necessaria, anche dal punto di vista burocratico, per ottenere i benefici fiscali.

Il fatto che l’attività del general contractor si sostanzi non solo nell’esecuzione dell’opera, ma anche nella conclusione dei contratti di incarico a favore dei diversi soggetti coinvolti, in alcuni casi ha portato la giurisprudenza a qualificare il rapporto contrattuale tra committente e general contractor come contratto di mandato.

Tuttavia, non sempre il confine tra appalto e mandato è così netto.

Il semplice utilizzo della denominazione “general contractor” nel documento contrattuale sottoscritto dalle parti non può portare necessariamente a concludere che a detto contratto debbano applicarsi le disposizioni sul mandato piuttosto che quelle sull’appalto.

Quando ricorrono fattispecie complesse e atipiche come questa è quindi necessario preventivamente interpretare le specifiche pattuizioni contrattuali tenendo presente che, secondo l’insegnamento della giurisprudenza, in caso di contratti che contengano elementi riconducibili a due diversi tipi, si applica la disciplina del tipo prevalente.

La questione interpretativa e di prevalenza dell’una piuttosto che dell’altra tipologia contrattuale diventa quindi di fondamentale importanza nell’eventuale contenzioso generatosi nell’ambito dei lavori edili connessi ai bonus fiscali.

Se, infatti, in tema di appalto la responsabilità dell’appaltatore è disciplinata in maniera dettagliata sia in riferimento ai presupposti che alle conseguenze (consentendo alle parti di applicare rimedi noti ad entrambe in quanto già normati) in tema di mandato la configurazione della responsabilità del mandatario, disciplinata dall’art. 1710 c.c., si richiama al concetto più generico e sfumato della “diligenza del buon padre di famiglia” ed è quindi da valutarsi caso per caso.

Per delineare la corretta qualificazione giuridica da dare al rapporto tra committente e general contractor e alle possibili conseguenze derivanti dagli eventuali inadempimenti di tale figura giuridica atipica, sarà quindi fondamentale il contributo della giurisprudenza ma, ove correttamente utilizzata, la stessa potrà probabilmente costituire un’opportunità per rispondere ad un’esigenza ormai sempre più concreta del settore edilizio.

Avv. Vanessa Mantovani

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